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Il Decimo Toro
Il Sangha come sale della Meditazione Il Sangha è la comunità di ricercatori del Vero. ...discorso del 19/03/2012 Tutti i maestri spirituali della Tradizione hanno sempre invitato i loro discepoli alla vita  comunitaria e alla condivisione delle esperienze, e questo da sempre. Anche nelle antiche  scuole di filosofia i filosofi tendevano a vivere insieme. In Oriente, la comunità di persone  che fanno la stessa esperienza e si confrontano con una coscienza comune o con un  percorso comune, è chiamato Sangha. Il Sangha sono un insieme di persone che, nel  caso del Decimo Toro, condividono la medesima esperienza di meditazione confrontandosi  con lo stesso tipo di coscienza.  Perché è importante il Sangha? Il Sangha accompagna in tutto il percorso. Innanzitutto  all’inizio, i principianti vengono incoraggiati dal Sangha. Già sapere che c’è un gruppo di  persone che fa la tua stessa esperienza, questo già aiuta a fare quell'esperienza perché,  come ho più volte ripetuto, la meditazione non è un’esperienza da farsi isolatamente. La  meditazione è un’esperienza comunitaria perché, se portata avanti singolarmente, può dar  luogo a molte devianze e pericoli.  Dunque, l'importanza del Sangha, soprattutto all'inizio, per le persone che non si sentono  sole, sanno che c’è il Sangha, che c’è qualcuno che può aiutarti in qualsiasi momento. Poi,  quello che dicevo, ci si confronta con la stessa coscienza e si condivide lo stesso percorso  e questa è una cosa bellissima perché si possono avere opinioni politiche diverse, si  possono avere opinioni diverse sulla realtà che ci circonda, sui vari argomenti, si hanno  età diverse, ci sono giovanissimi e persone anziane. Ma tutto questo non conta perché  tutto questo viene superato dall’incontrarsi in un piano superiore, dal confrontarsi con una  coscienza comune che è quella cui tendiamo attraverso il percorso e la meditazione.  Altro elemento importante del Sangha, e qui è molto importante da questo punto di vista il  ruolo del Maestro, che non sia un Maestro che tenda poi a condizionare nel senso di una  setta, perché una delle funzioni anche del Sangha è quella di non chiudersi in se stessi,  sia dal punto di vista individuale, sia dal punto di vista collettivo. Abbiamo visto il pericolo delle sette, è pieno di sette in giro. Quand’è che inizia a formarsi  una setta? Quando un gruppo di persone comincia a sentirsi superiore alle altre persone,  quando un gruppo di persone comincia a convincersi di aver capito cosa che gli altri non  hanno capito. Arrivati a questo punto, ci si chiude sempre di più in se stessi e nasce la  setta, l’isolamento dagli altri. Invece, un Sangha che goda di buona salute, deve aiutare che questo non accada, per  questo è importante l'apertura nei confronti degli altri. E’ chiaro che poi nel Sangha ci sono esperienze condivise solo dagli appartenenti al Sangha perché appartengo specificamente alla meditazione, all’esperienza di meditazione. Quindi chi non capisce, chi sta fuori da  questa esperienza non potrà penetrare e comprendere le esperienze più specifiche del  Sangha. Ma questo non significa che il Sangha è superiore ad altre persone. Una dei  buoni segni di un Sangha e anche dell’esperienza individuale è quella di aprirsi alle altre  persone e in questo è molto importante, dal punto di vista individuale, proprio l’esperienza  di condivisione con il Sangha perché, quando cominciano ad esserci delle fasi più  avanzate di meditazione, ci può essere la tentazione di chiudersi in sé stessi, si comincia a  stare bene, si comincia ad avere questa pace che resta in maniera abbastanza costante e  più si va avanti, più ci si radica in questo nuovo tipo di percezione della Realtà, arrivati a  quel punto la tentazione di dire “Vabbè ma chi me lo fa fare di contaminarmi con gli altri, io  che sto così bene da solo?”… e questo è pericolosissimo perché veramente ci possono  essere delle deviazioni dal cammino.   Il Sangha aiuta proprio a non chiudersi attraverso il continuo confronto e continua  condivisione. Altro elemento importante del Sangha, basilare, è rendere cosciente i singoli  membri delle proprie proiezioni egoiche, perché è l’ego che vuole sempre modificare la  realtà e l’ego tende a lamentarsi degli altri e a ributtare tutte le colpe di quello che cercate  sugli altri. Sentite le persone, si lamentano sempre degli altri. C’è quel bel detto Sufi che dice:  “Quando ero nell’ignoranza mi lamentavo sempre degli altri, davo la colpa agli altri. Poi ho  cominciato a capire, mi sono reso conto che la colpa non era degli altri ma era mia e poi  sono diventato Saggio e ho capito che la colpa non era ne mia ne degli altri.” Anche qui,  vedete, c’è sempre un percorso. Il Sangha aiuta le persone ad uscir fuori da questa lamentosità, da questo scaricare  sempre sugli altri e aiuta a comprendere che tanti dei difetti che noi vediamo negli altri, in  realtà sono difetti che abbiamo noi. Accettare questo non è facile. Ecco il sostegno del  Sangha in questi momenti.  Poi, altro elemento positivo del Sangha è la condivisione, lo scambio di opinioni, di libri, si  condividono canzoni, momenti musicali ma anche un programma televisivo, un film, cioè  qualsiasi cosa che da’ pace, che da’ armonia o che in ogni caso possa far riflettere e si  sente il bisogno di rendere partecipi anche gli altri di queste nostre scoperte, di questo  nostro benessere, di queste nostre riflessioni. Poi, nel Sangha, c’è il confronto con quell’esperienze che non possono essere comprese  dagli altri. Ci sono esperienze molto particolari legate al corpo sottile, ai sogni, che il poeta  diceva “Intender non le può chi non le prova”. Allora, una persona, si può anche avere un  amico del cuore che magari ti crede e non ti prende per matto, ma anche questo se non  medita non potrà mai capire a fondo quello che dici perché è una Realtà molto diversa.  Potrà capire che sei in buona fede, potrà crederti ma non ti potrà mai capire. E allora ecco  che il Sangha ti aiuta a confrontarti, accettare le esperienze degli altri, a condividere, a  parlare. “Ho avuto questa esperienza fortissima in sogno, ma con chi ne parlo?”…  Necessariamente con il Sangha, perché è il Sangha che ti accoglie e dove trovi  disponibilità a questo tipo di condivisione di esperienze che non possono essere comprese dagli altri. Altro elemento del Sangha è che ti abitua ad relazioni disinteressate, proprio perché c’è  questa differenza di età, di cultura, ma ci si accetta e si condivide. Si abitua a uscire da  questi schemi che tutti quanti, soprattutto nel Kali Yuga, hanno, come tornaconti personali.  Nel Sangha, piano piano, ci si abitua alla relazione disinteressata, a condividere con gli  altri non perché ne ricavi qualcosa, ma perché semplicemente è bello condividere con gli  altri e questo è che aumenta sempre di più. Questo è qualcosa che aiuta nella  comprensione degli altri, anche nell’ambiente di lavoro con persone che non fanno parte  del Sangha. Come vedere, il Sangha accompagna in tutto il percorso, fino agli stati  avanzati, a quando si comincerà ad insegnare. Nel Sangha troverai fondamentalmente  delle persone che sono più disposte a comprendere l’insegnamento, ad aprirsi  all’insegnamento. Così, il Maestro potrà esercitare la sua compassione nel Sangha.  Dunque ecco che tutto si riequilibra. Tutti danno, tutti ricevono qualcosa per il bene  comune in modo completamente disinteressato.  Sono poche riflessioni, amici, spontanee, che mi sono venute li per li. Magari avrò  dimenticato molte cose. Sentivo il bisogno di fare qualche piccola puntualizzazione su  cosa è il Sangha. Un caro abbraccio a tutti, Marco Cosmo 
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